Del Razzismo

uomini davanti a un delfino morto
8 Marzo 2015: il glorioso capitano di Sea Shepherd, uomo di tempra e carisma indiscussi, pubblica su Facebook questo annuncio: "Ricompensa per la cattura degli italiani sospettati di avere assassinato un delfino".
La ricompensa era di ben cinquemila euro per chi avesse fornito informazioni utili a identificare i cinque responsabili del crimine, secondo lui compiuto probabilmente in Italia, sicuramente nelle acque del Mediterraneo.
Il numero di commenti che appare in questo screenshot è 1.108, ma posso assicurare che nel giro di tre ore aveva raggiunto quota 4000.

Me li sono letti tutti, perché ho pensato che più di 4000 commenti potessero fornire una testimonianza interessante e parzialmente attendibile su dinamiche che si possono imputare al fenomeno del Social Network soltanto fino a un certo punto: in fondo, al di là del mezzo di espressione, sempre persone siamo, e quello che pensiamo salta fuori in un modo o nell'altro.
Taglierò corto dicendo subito che il 90% dei commenti conteneva la parola "bastards" e si limitava a berciare un'inutile ridondanza di concetti già espressi nel messaggio di Watson. Qualche libero pensatore non manca mai, come l'unico che, al millesimo commento, si è chiesto: "Come fa a dire che sono 5?" e che subito ha ricevuto una risposta dai fedeli del capitano: "Abbiamo dedotto che ce ne sia un altro che ha scattato la fotografia". Tra tutti quegli Sherlock Holmes, nessuno ha pensato che potesse essersi trattato di un autoscatto fatto con una macchinetta scadente appoggiata su una roccia, a meno che il quinto non fosse un gigante privo di ombra. Ma non è questo l'importante.
Ci sono anche state alcune esili voci di dissidenza: "Io se non è una razza a rischio di estinzione la caccio e non mi sento assolutamente in colpa" oppure: "Se dopo se lo sono mangiato è ok" e ancora: "Perché difendete solo i delfini? Se era uno sgombro mica dicevate niente!".
Qualcuno che aveva una certa confidenza col mare, (pochi rispetto a quelli che avrebbero dovuto essere, visto l'argomento della pagina) ha osato far notare che il delfino morto sembrava spiaggiato da giorni, non aveva ferite visibili e i suoi presunti killers erano privi di armi. La risposta più originale è stata: "Se al posto del delfino ci fosse il cadavere di un uomo ti porresti tutte queste domande? La verità è che stai difendendo degli assassini".
A parte la 'sezione demenza', divertente e statisticamente inevitabile, ma comunque completamente priva di curiosità e basata sullo schierarsi immediatamente contro qualcuno come unica reazione, sono ovviamente fioccati numerosi gli insulti agli italiani, le minacce, le speranze che fossero fucilati dopo essere stati scuoiati vivi, e immersi nell'olio bollente, e gasati, e triturati, etc. Tra i commenti con questo tono anche quelli di alcuni italiani, che hanno approfittato per esprimere una lamentela sul loro paese e augurarsi un'invasione dell'I.S.
Spiacevole ma tipico, quindi, secondo le curiose teorie di molti, irrilevante.
Alcuni utenti però hanno fatto una ricerca per immagini su Google, trovando la stessa fotografia postata un anno prima su Facebook, da due italiani giovani e con i capelli rasati, forse facenti parte di qualche corpo militare. La segnalazione è ripetutamente rimbalzata all'interno dei commenti del post, scatenando reazioni sanguinarie, tutte in inglese: nessuno aveva voluto o potuto leggere la didascalia della foto postata dai due italiani, che diceva "Qualcuno conosce questi deficienti? Se li trovo li scanno".
Insomma, i due che un anno prima si erano chiesti chi fossero i soggetti della foto, erano ora segnalati come i potenziali assassini italiani ricercati, in un tamtam di migliaia di utenti di varie lingue e nazionalità che ne cercavano l'indirizzo taggando tutti i contatti italiani che avevano.
A quel punto, sarà stato patriottismo, sarà stato animalismo profondo, che mi porta a considerare le persone come bestie ma a cercare di salvarle in quanto tali, mi sono permessa di scrivere un messaggio di avviso ai due italiani che erano stati presi di mira, di scrivere un messaggio privato a Watson e di commentare il post, osando sostenere che forse si stava sbagliando l'impostazione investigativa. Guardando la foto, a me quei 4 non sembravano molto italiani, tantomeno quattro amici liguri, come alcuni utenti norvegesi, a loro dire esperti di coste italiane, avevano acutamente dedotto; né le mute mi sembravano del genere che un italiano sbruffone indosserebbe abitualmente. Forse si trattava di una bischerata, fatta da gente sciocca, che aveva trovato un delfino morto e che si era voluta fare il ritratto con i piedi accanto alla pinna, magari credendolo uno squalo. Se non c'erano altri elementi, scatenare una caccia all'uomo, attribuendogli pure una nazionalità a casaccio, mi sembrava un gioco inutile e pericoloso.
La risposta al mio commento da parte di una fedelissima della Pomerania non si era fatta attendere: avevo capito male, Watson non aveva scritto che fossero dei killer italiani ma solo che si riteneva che il delitto fosse avvenuto in Italia. Comunque, in quanto italiana, mi si riconosceva una certa autorità in fatto di abbigliamento e se sostenevo che gli italiani non si vestono così, forse c'era del vero: a guardarli meglio potevano anche essere dell'est, tipo rumeni o POLACCHI.
Ora: un fondamentale elemento del razzismo è l'ostinazione a non voler percepire l'altro se non sulla base di decisioni prese a priori. Watson è statunitense, ma vive in Francia da anni: non saper distinguere un italiano da un nord africano o da un sudamericano è da parte sua quantomeno una mancanza d'interesse all'osservazione antropologica delle facce del Paese in cui vive. Il credere però che qualunque italiano in quanto tale possa essere facilmente gabbato sul significato di una frase scritta in inglese, va oltre le mie capacità di tolleranza e la Vedetta della Pomerania si becca una rispostaccia, scritta da me anche a nome dei rumeni e dei polacchi.
A questo punto rimane il problema serio, l'effetto concreto del razzismo e cioè la superficialità e l'aggressività indirizzate a casaccio: come facciamo a evitare un linciaggio, sicuramente telematico e magari non solo, di due ragazzi che non c'entrano niente? Perché qua i messaggi volano a 20 al minuto e bloccare la valanga potrebbe essere difficile.
Intanto al messaggio numero 3000, dopo un "Mi vergogno di appartenere alla razza italiana" compaiono un timido "Questa foto è vecchia e gira sul web da anni" e un solo secondo dubbio sulla nazionalità rappresentata nella foto: "Su cosa vi basate per dire che sono italiani? Perché hanno la brillantina?"
Ma i messaggi vengono seppelliti sotto altri che continuano a segnalare sempre gli stessi colpevoli. Sembra che chiunque abbia in origine immesso quella foto nel web l'abbia successivamente eliminata e, fatta eccezione per i due italiani che l'avevano copiata e condivisa, non si trova altro. Se i due italiani in questione volessero provare a scrivere un messaggio per osare dichiarare la loro innocenza al processo, dovrebbero essere in grado di farlo in inglese.
Improvvisamente il post scompare e il Capitano Watson lo sostituisce con un comunicato: a causa di alcuni commenti razzisti contro gli italiani è stato necessario eliminare il post. I criminali sono stati nel frattempo arrestati, sono comunque italiani, ma il loro nome non può purtroppo essere rivelato per questioni burocratiche legate ai meccanismi giudiziari (italiani).
Torno a guardare la fotografia. Cerco sul web una notizia dell'ultima ora: ci credo poco che in Italia si arresti la gente per un selfie tenendone segreto il nome, mentre si massacrano presunti innocenti con le intercettazioni telefoniche pubblicate sui giornali e si lasciano terroristi a piede libero. Come previsto trovo soltanto una notizia su "bufalablog" che dice che i 4 della foto sono rampolli dell'alta società calabrese e si chiamano Rocco Tano Della Ripa e Lupo Ugolfo Delle Piane.
Null'altro, neppure il giorno dopo.
Posso capire l'errore del Guru, colto da un momento di isteria o di distrazione, coi suoi 5000 euro di taglia. Capisco anche che, davanti a 20.000 mi piace, scrivere "Eep scusate, era una bufala" non si può, e che è necessario annunciare che i colpevoli sono stati catturati senza ombra di dubbio, come unico modo per interrompere la mattanza. Però ribadire che si trattava proprio di italiani a fronte di zero prove mi sembra comunque infantilmente provocatorio, così lo dico e non solo a lui, scrivendo piccata che chi riesce a distinguere tra un delfino e una balena ha buone possibilità di farcela anche a distinguere un indiano da un aborigeno australiano, sebbene siano entrambi un po' abbronzati e con i capelli marroncini.
Lì allora mi arriva una riposta articolata, scritta da un italiano: "Bella storia, cioè, secondo te un delfino e una balena sono della stessa specie, brava. Tu sei oltre il razzismo semplice, sei un ultrà del razzismo: per te due ETNIE diverse, come un italiano e un nord africano, sono proprio due specie diverse. Complimentissimi."
Tutta questa storia è ridicola, dall'inizio alla fine, ma ciò non toglie che si porti appresso dei significati gravi: tra gli altri mi ha colpito quello sottile dell'ultimo commento, nel quale spicca una repulsione-attrazione per la parola "razza", che diventa impronunciabile e proibita perdendo la valenza neutrale; la sua sostituzione con un termine sbagliato a cui viene dato un significato confuso, mi fa temere oscurantismi. La trasposizione del concetto di specie dall'ambito animale, in cui questa parola non implica differenze di valore, a quello umano, in cui assume un significato degradante, è frutto di un'elaborazione contorta e farraginosa, che trovo sospetta e perversa.
Il razzismo è anche il non saper recepire le differenze se non in modo negativo e fare di tutta un'erba un fascio. In questo senso la discriminazione è un problema di tutti, ma proprio tutti: non c'è nessuno immune al pregiudizio e non basta stare attenti alle parole, perché non ci si autopromuove antirazzisti semplicemente cambiando la frase: "Uè tu, terùn" in: "Con tutto il rispetto ho deciso in base a non so bene cosa che sei comunque cattivo".
Non vorrei che questi baldi paladini dell'antirazzismo, sempre più numerosi, decidessero di riunirsi in squadroni per meglio epurare il mondo da tutta quella gentaglia razzista che lo popola. Affinché sopravviva una sola specie, quella eletta moralmente, che proibisce le razze e concede l'etnia, sempre che non sia troppo evidente.

Loredana de Michelis


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