Gorestorm, tempesta di sangue.

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Recentemente mi è capitato di vedere un filmato di TED nel quale Chris Giannou, un chirurgo, descrive la situazione in cui si trova a lavorare chi opera in zone di guerra, cercando di salvare la vita a persone il cui corpo è stato devastato da bombe e colpi d'artiglieria.

Chris Giannou racconta di una chirurgia molto diversa da quella che conosciamo nei paesi di pace: niente acqua o elettricità, bombardamenti in corso, feriti ammassati sul pavimento di uno scantinato, medici che lavorano carponi e inventano soluzioni creative per ovviare all'assenza anche del più semplice strumento. Non c'è bisogno di grande immaginazione per capire che razza d'inferno sia tutto questo, per i feriti e per chi sta cercando di salvarli. Viene spontaneo interrogarsi sulle cause di queste tragedie, sulle conseguenze, sulla politica e sul senso della vita.
A essere un po' più empatici e meno filosofici, ci si può anche domandare quale groviglio di sensazioni stia strangolando una persona sotto choc e quasi morta di paura, che ha perso ogni affetto e che ora ha una priorità: quella di farsi bastare il sangue che gli è rimasto in corpo per sopravvivere, ma senza qualche arto.
Come fanno questi medici a registrare loro malgrado tutto questo orrore e a non venirne sopraffatti, quando infine chiudono gli occhi per dormire? Non esistono tecniche speciali di difesa dagli incubi. Forse l'abitudine aiuta, ma io credo che lo sfinimento rimanga lo scudo più efficace a loro disposizione.
Intanto su Facebook impazza il Gorestorm e nelle pagine dei V.I.P. che hanno scontentato il pubblico non piovono più immagini sconce, come succedeva fino a qualche tempo fa. Ora arrivano immagini trucide, speso rubate negli ospedali da campo, che mostrano per divertimento proprio quello che altra gente cerca disperatamente di dimenticare: facce spappolate, occhi esplosi, corpi carbonizzati, ventri sfondati, braccia divelte. Alla ventesima immagine di fila che si osserva subentra un'anestesia difensiva, se non addirittura una certa fascinazione: quest'ultima è facile quando si è già labili, ma soprattutto quando l'immagine non ha suono né odore.
L'ironia intollerabile di tutto questo è che a giocare con il Gorestorm siano persone immancabilmente pronte a chiamare le forze dell'ordine e a correre in pronto soccorso se solo la maestra rifila loro uno scappellotto. Gente che, contrariamente ai beceri del passato, disserta dottamente persino di "violenza psicologica" (degli altri), e trova accezioni che riescono a individuarla anche nella permanenza del rosso di un semaforo. Gente che teme per la propria vita se solo ingerisce un pezzo di formaggio ammuffito.
Che senso ha il Gorestorm? Cosa dovrebbe suscitare in chi ne viene bersagliato? Orrore? Disgusto? Paura? Inutile domandarlo a chi lo fa.
Io stavo leggendo una frase, e proprio come in una tempesta improvvisa, in pochi secondi ho visto materializzarsi centinaia di queste immagini a tradimento. Quando ho capito che alcune erano autentiche, ho avvertito il bisogno irrazionale di scusarmi. Scusarmi con le persone ritratte, che sono state sfigurate e uccise da un cecchino mentre cercavano di procurarsi da mangiare, ma questo non è stato abbastanza: dovevano anche diventare oggetto di scherno e morbosità. E scusarmi con chi spende le sue giornate a cercare di rattoppare persone a brandelli, senza domandarsi se ne vale la pena, e che magari, nel giorno di riposo, apre Facebook per salutare gli amici, scoprendo che i ricordi che non potrà mai veramente raccontare a nessuno, sono diventati il passatempo di una moltitudine di imbecilli.
Chris Giannou su Ted


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