Recensione: "A most dangerous method"


gruppo-donne-nudeÈ un film che si autodistrugge nell'eroico tentativo di rappresentare troppe cose insieme in un tempo ristretto e in uno spazio prevalentemente visivo, come è quello cinematografico.
Finisce così che il compromesso non accontenta nessuno: ci sono parti troppo filosoficamente verbose per un pubblico generico e troppe forzature biografiche ai fini della spettacolarizzazione che deludono il pubblico più tecnico.
Eppure andrebbe visto, questo film, non per giocare agli psicanalisti, ma perché è ricco di aspetti particolari e di spunti interessanti che rischiano di passare inosservati.
La conclusione filosofica che se ne può trarre è che questa società pare dibattersi in una falsa dicotomia che però insiste a sostenere: moralità e trasgressione, conservazione e distruzione, la cicala e la formica.

E lo fa con giustificazioni nevrotiche, come l’idea secondo la quale la purezza può nascere solo dal degrado. Intrisa di moralismo, questa concezione finge una svolta poetica ma di fatto è tristemente circolare: fa apparire il degrado come un punto di partenza obbligato e la purezza una realizzazione finale, ma insinua anche che troppa purezza debba indurre ad uno sfogo trasgressivo, che a sua volta può portare al degrado. E tutto è destinato a ricominciare.
Non c’è scampo neppure per l’anarchia gaudente, che sembra detenere la verità più vera, ma la deve pagare con la salute.
Alla fine la morale della storia è sempre la stessa ed è decadente: tutto ha un prezzo e va pagato. Freud è molto intelligente, così intelligente che deve avere qualcosa di gretto: è affabulatore, povero, sessualmente inibito, invidioso e megalomane. Finirà umiliato da sé stesso.
Jung è buono e perfetto, così perfetto da avere una moglie ricca e ipocrita e un’amante sessualmente trasgressiva. Finirà stanco e stranito, con la stessa moglie ed un’amante qualunque.
Sabine parte già così perversa che non ha colpe né meschinità, ma troverà la pace solo con un lavoro serio, una gravidanza e un marito “gentile”.
Come per caso passa tra tutti Bross, che apparentemente segue l’istinto, almeno uno. Gli altri però gli difettano, e oltre ad essere tossicomane e folle, morirà di fame a Berlino. 


2 commenti:

  1. Questa attenta critica descrittiva, mi induce ancora di più ad andarlo a vedere per riscontrare quanto riporti. Da quello che scrivi però anche se non ho ancora visto il film, il regista sembrerebbe aver centrato il suo obiettivo...

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  2. Altra bella recensione, complimenti per l'efficacia.

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