Di intelligenza umana e della sua evoluzione.


Siamo meno intelligenti di 2000 anni fa, e non è tanto per dire o sterile polemica.
La teoria che lo afferma è evoluzionistica, e si basa sul principio della selezione naturale:
“…in passato l'essere umano pagava duramente, spesso con la vita, il prezzo della propria stupidità, perché bastava un errore qualsiasi, una distrazione banale, per perdere un'opportunità di sopravvivenza.
La selezione naturale a favore dei soggetti più astuti avveniva dunque in maniera spietata e istantanea, salvo sporadici colpi di fortuna. Oggi, proprio grazie al progresso, tutti abbiamo infinite possibilità di sopravvivenza”.


Questo è un vantaggio per la massa, ma:

“…a livello evoluzionistico si traduce in un progressivo passo indietro, perché elimina quasi del tutto qualunque tipo di selezione naturale a favore dei soggetti più scaltri.
Un tempo, se un cacciatore o un raccoglitore non riusciva a risolvere il problema di come trovare il cibo, moriva e con lui tutta la sua progenie - spiega Crabtree - mentre oggi un manager di Wall Street che fa un errore riceve un cospicuo bonus e diventa un maschio più attrattivo.”

Purtroppo riproducendosi e trasmettendo il suo modus operandi.

“Gli ultimi studi sull'argomento, continua il genetista, hanno individuato dai due ai 5000 geni legati all'intelligenza, rilevando che ogni generazione porta con sé due o tre mutazioni. In assenza di selezione, gli ultimi 3000 anni sono stati dunque un arco di tempo sufficiente per 'inquinare' il Dna umano: "In rapporto al nostro antenato di qualche migliaio di anni fa, la nostra intelligenza è sicuramente più debole - precisa Crabtree - per fortuna la società è abbastanza forte da contrastare l'effetto".

O è abbastanza forte quanto una mandria di mucche e sopravvive grazie alla mole del gruppo compatto e al suo potere di sfondamento.

“L'umanità, stando al report del genetista, avrebbe dunque già vissuto il suo momento di gloria e, almeno da un punto di vista evoluzionistico, sarebbe sul viale del tramonto.
La Storia incorona il periodo della Grecia classica come uno dei più intellettualmente fecondi. Siamo una specie sorprendentemente fragile dal punto di vista intellettuale - conclude Crabtree - e probabilmente abbiamo raggiunto il nostro picco di intelligenza tra i 6000 e i 2000 anni fa. È sufficiente che la selezione naturale diventi meno severa, che subito il nostro patrimonio intellettuale si indebolisce".

Un solo vantaggio, che come si è visto ha i suoi risvolti imprevedibili:

“…la società può contare su un forte sistema di trasmissione delle conoscenze che, diversamente rispetto al passato, riesce a diffondere la cultura velocemente e in modo capillare.”

Insomma prima era il più intelligente a guidare il gruppo, ora la massa è più intelligente del singolo, ed è a essa che l’intelligente deve sottostare, perché per intelligenza oramai non si intende più capacità cognitiva, ma adattabilità alla situazione.
Basta tenere presente che: 'cambiamento' non sempre è stato sinonimo di miglioramento. E adattamento non necessariamente significa progresso, visto che siamo una civiltà alla fine dei suoi giorni.
Per i pochi cognitivamente intelligenti potrebbe significare sconfitta.

°(il testo tra virgolette è tratto da un articolo di Sara Ficocelli per Repubblica)


4 commenti:

  1. Forse è la nostra civiltà occidentale, e certamente quella italiana, che è alla fine dei suoi giorni.
    Hai ragione, questa democrazia della stupidità sta generando una dittatura della massa sulla ragione (intesa come intelletto cognitivo).

    L'intelligenza acuta fa solo vedere meglio la sconfitta della ragione.
    E svuota il cuore della passione, lo riempie di disillusione.

    Fa male, quella malinconia delle cose perdute, sentire come chi in Italia nato non è sia pronto a spendere la vita per questo Paese, ci creda ancora:

    <>

    (intervista a Nicolai Lilin, da http://www.glialtrionline.it/2010/06/04/nicolai-lilin-come-dostoevskij-vi-racconto-il-bene-e-il-male/)

    Paolo Norberto

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    1. Si, il lutto delle cose perdute e lo svuotamento della passione. Hai descritto quella che qualcuno chiama "depressione endemica a sfondo sociale" e che ha risvolti pratici: la gente non va a votare, lavora di meno, distrugge, a volte si autodistrugge.

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  2. Mi sembra che sia un problema di tutto il mondo, almeno quello cosidetto sviluppato. In fondo come civiltà imperante siamo durati più di altre...ci penserà la Corea

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